
Mappato dagli europei nel 1872, il sito (aperto tutto l’anno, a pagamento) fu riconsegnato dal governo australiano in proprietà agli aborigeni ufficialmente nel 1985 a condizione che per 99 anni venisse gestito insieme all’associazione nazionale National Parks and Wildlife. Secondo l’ancestrale mitologia del ‘dreamtime’ (tjukurpa) indigena locale, le origini e le caratteristiche geografiche delle formazioni naturali di Uluru (all’estremità orientale del quale vive tuttora la piccola comunità Mutitjulu) custodiscono l’essenza vitale e creativa generata da esseri ancestrali – giganti dalle sembianze in parte umane e in parte di animali o piante – con viaggi e azioni durante quell’epoca del sogno’ antecedente alla memoria umana. Tramandati in segreto soltanto tra aborigeni, spiegati in linea generale ai turisti, questo insieme di miti e credenze sono stati rappresentati in numerosi ancestrali dipinti rupestri sulla superficie di Uluru, così alcune sezioni di particolare valenza religiosa rituale della roccia sacra sono protette dal divieto di avvicinarsi o di scattare fotografie mentre, per il profondo significato spirituale (oltre che ambientale e di sicurezza), è ormai vietato anche salire o arrampicarsi sul sito. Durante la passeggiata quotidiana guidata (gratuita, accessibile ai disabili) dalla base di Uluru, i Ranger raccontano la storia, le tradizioni, la vita, la cultura e l’arte Angun. Ma all’alba e al tramonto, le variazioni di colore della roccia rossastra (per l’ossidazione del ferro) in arancione acceso diventano uno spettacolo ancora più unico, particolarmente straordinario, davvero da non perdere.
L’Australia è tra i miei tanti viaggi quello che mi è rimasto nel cuore e che consiglio.
Queste sono due delle foto che ho scattato in occasione del mio ultimo viaggio in Australia.
